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Circolare n. 7-25

Nuove disposizioni in materia di lavoro (Legge n. 203 del 13 dicembre 2024)

14 aprile 2025


Con la Circ. 6 del 27/03/2025 il Ministero del Lavoro ha fornito ulteriori chiarimenti in merito alle novità introdotte dalla L. 203/2024 recante "Disposizioni in materia di lavoro", cosiddetto “collegato lavoro”.
Le principali materie trattate dal Ministero e di seguito riassunte riguardano:
1. modifiche in materia di somministrazione di lavoro:
- il collegato lavoro (L. 203/2024) ha eliminato la disciplina che consentiva agli utilizzatori di superare il limite complessivo di 24 mesi per le missioni a tempo determinato di un medesimo lavoratore somministrato, laddove l’agenzia di somministrazione abbia comunicato all’utilizzatore di aver assunto detto lavoratore a tempo indeterminato.
- Soppressa la disciplina transitoria, la norma di cui all’art. 31, c. 1, del D. Lgs. 81/2015 dispone ora, in caso di sforamento del limite temporale di 24 mesi, la costituzione in capo all’utilizzatore di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato.
- Tale orientamento consente di superare quanto precedentemente affermato dal Ministero con la Circ. n. 17/2018 circa la possibilità che i lavoratori assunti dall’agenzia a tempo indeterminato potessero essere inviati in missione senza limiti di durata.
- La disposizione in oggetto ha introdotto inoltre, 2 ulteriori categorie di lavoratori escluse dal limite quantitativo del 30% di lavoratori a termine e di lavoratori somministrati a tempo determinato rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore.
- La norma in esame ha stabilito infine che, in caso di assunzioni a tempo determinato di lavoratori che versano in situazioni di particolare debolezza dalle agenzie per il lavoro, non trova applicazione l’obbligo di indicazione delle causali stabilite per le assunzioni con contratto a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi.
2. Attività stagionali, interpretazione autentica dell’art. 21, D. Lgs. 81/2015:
- la norma in commento chiarisce che le attività stagionali sono riconducibili oltre che a quelle a quelle indicate dal DPR 7/10/1963, n. 1525, anche a quelle previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del D. Lgs. 81/2015, ossia: dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro RSA ovvero dalla RSU.
- Come norma di interpretazione autentica, inoltre, l’art. 11 della L. 203/2024 ha natura retroattiva e trova, quindi, applicazione anche per i contratti collettivi firmati prima della sua entrata in vigore.
3. Durata del periodo di prova:
- con la nuova disposizione il Ministero, nell’ammettere eventuali previsioni più favorevoli riguardo ai contratti di lavoro a termine contenute nei contratti collettivi, ritiene che si debba aver riguardo al contratto collettivo applicato dal datore di lavoro.
- Il ministero precisa inoltre che, per quanto riguarda i criteri in base ai quali valutare quali disposizioni contrattuali siano più favorevoli rispetto alla previsione normativa, occorre considerare che generalmente viene considerata più favorevole per il lavoratore una minore estensione del periodo di prova, a causa della precarietà che lo stesso comporta per il lavoratore.
4. Termine per le comunicazioni obbligatorie in termine di lavoro agile:
- la norma in esame ha fissato, a partire dal 12 gennaio 2025, per tutti i datori di lavoro privato, il termine di 5 giorni per la comunicazione dell’avvio e della cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile.
5. Norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro:
- la nuova disposizione ha chiarito che i giorni di assenza per determinare la configurazione delle dimissioni per fatti concludenti, in mancanza di ulteriori specificazioni da parte della norma, possono intendersi come giorni di calendario, ove non diversamente disposto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro.
- Il ministero inoltre ritiene che le previsioni contrattuali in materia debbano essere considerate un corpus unico per cui, laddove il datore intenda procedere ad una risoluzione del rapporto al verificarsi della condizione prevista dal contratto, dovrà seguire il percorso delineato dal CCNL, del tutto alternativo a quello previsto dalla norma in commento, e attivare dunque la procedura di cui all’art. 7 della L. 300/1970. Resta ferma la facoltà dei CCNL di disciplinare espressamente la fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti, stabilendo un termine diverso, e più favorevole, da quello fissato dalla norma per ricondurre all’assenza ingiustificata l’effetto risolutivo del rapporto.

Di seguito i chiarimenti in merito alle novità introdotte dalla L. 203/2024 sono trattati nel dettaglio.

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1) MODIFICHE IN MATERIA DI SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO

Come noto, il collegato lavoro (L. 203/2024) ha soppresso il quinto e il sesto periodo dell’art. 31, c. 1 del D. Lgs 81/2015. Con questa modifica è stata eliminata la disciplina che consentiva agli utilizzatori di superare il limite complessivo di 24 mesi, anche non continuativi, per le missioni a tempo determinato di un medesimo lavoratore somministrato, laddove l’agenzia di somministrazione abbia comunicato all’utilizzatore di aver assunto detto lavoratore a tempo indeterminato.
Soppressa la disciplina transitoria, la norma di cui all’art. 31, c. 1, del D. Lgs. 81/2015 dispone ora, in caso di sforamento del limite temporale di 24 mesi, la costituzione in capo all’utilizzatore di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato.
Il Ministero ha inoltre chiarito che per i contratti di somministrazione stipulati tra agenzia e utilizzatore a decorrere dal 12 gennaio 2025, data di entrata in vigore della L. 203/2024, il computo dei 24 mesi di lavoro dei lavoratori somministrati, ai sensi dell’art. 19 c. 2 del D. Lgs 81/2015, deve tenere conto di tutti i periodi di missione a tempo determinato intercorsi tra le parti successivamente alla data considerata.
Pertanto, ai fini del calcolo del suddetto periodo di 24 mesi, si conteggeranno solo i periodi di missione a termine che il lavoratore abbia effettuato per le missioni avviate successivamente al 12 gennaio 2025, data di entrata in vigore della modifica normativa in esame, senza computare le missioni già svolte in vigenza della precedente disciplina.

Ad esempio, nell’ipotesi di un lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’agenzia di somministrazione e inviato presso l’utilizzatore in una missione a termine per un periodo di 30 mesi, cessato prima del 12 gennaio 2025, tale periodo non viene calcolato per il raggiungimento del limite dei 24 mesi. Pertanto, il lavoratore potrà essere inviato in una o più missioni a termine il cui inizio è successivo a detta data, entro il limite massimo di 24 mesi.
Inoltre, le missioni in corso alla data di entrata in vigore della L. 203/2024 (12 gennaio 2025), svolte in ragione di contratti tra agenzia e utilizzatore stipulati antecedentemente al 12 gennaio 2025, potranno giungere alla naturale scadenza, fino alla data del 30 giugno 2025, senza che l’utilizzatore incorra nella sanzione della trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro con il lavoratore somministrato. Tuttavia, in quest’ultima ipotesi i periodi di missione maturati successivamente alla data del 12 gennaio dovranno essere scomputati dal limite dei complessivi 24 mesi (art. 19 del D. Lgs. 81/2015).
Il Ministero ha chiarito inoltre che tali conclusioni sono il frutto di un costante orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione europea in riferimento alla corretta applicazione della direttiva 2008/104/CE sul ricorso al lavoro somministrato. Tale orientamento è stato confermato anche dalla Corte di Cassazione e dalla giurisprudenza di merito e consente di superare quanto precedentemente affermato dal Ministero con la Circ. n. 17/2018 circa la possibilità che i lavoratori assunti dall’agenzia a tempo indeterminato potessero essere inviati in missione senza limiti di durata.
Il Collegato Lavoro ha introdotto inoltre, 2 ulteriori categorie di lavoratori escluse dal limite quantitativo del 30% di lavoratori a termine e di lavoratori somministrati a tempo determinato rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore e che, quindi, sono utilizzabili in somministrazione a tempo determinato anche in sovrannumero:
1. In primo luogo, la modifica normativa individua (come già avveniva per i limiti quantitativi alle assunzioni a tempo determinato) ulteriori ipotesi di esclusione dal limite quantitativo sopra citato, e fa riferimento ai contratti conclusi:
- in fase di avvio di nuove attività;
- da start- up innovative;
- per lo svolgimento di attività stagionali;
- per lo svolgimento di specifici programmi o spettacoli;
- per la sostituzione di lavoratori assenti;
- con lavoratori over 50.

2. Inoltre, consente all’utilizzatore di non conteggiare entro la percentuale in esame anche i lavoratori inviati in missione a tempo determinato, se assunti dal somministratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Il comma 1, lettera b), dell’articolo 10 modifica l’articolo 34, comma 2 del decreto legislativo n. 81/2015, al fine di incentivare le opportunità di lavoro per i lavoratori che versano in situazioni di particolare debolezza.
La norma in esame ha stabilito inoltre che, in caso di assunzioni a tempo determinato di lavoratori che versano in situazioni di particolare debolezza dalle agenzie per il lavoro, non trova applicazione l’obbligo di indicazione delle causali stabilite per le assunzioni con contratto a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi dall’art. 19, c. 1, del D. Lgs. 81/2015.
La disposizione, in particolare, consente alle agenzie di somministrazione di inviare in missione a tempo determinato senza l’apposizione di causale:
1. i soggetti disoccupati che godono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;
2. i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati, come individuati con DM 17/10/2017 del Ministro del lavoro e delle Politiche Sociali, adottato ai sensi dell’art. 31, c. 2, D. Lgs. 81/2015.

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2) ATTIVITA STAGIONALI: INTERPRETAZIONE AUTENTICA DELL’ART. 21, D. Lgs. 81/2015

Il Collegato Lavoro (L. 203/2024) ha fornito l’interpretazione autentica dell’art. 21, c. 2, del D. Lgs. 81/2015, in materia di attività stagionali chiarendo che:
Rientrano nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal DPR 1525/1963, le attività organizzate per fare fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi compresi quelli già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria, ai sensi dell’art. 51 del citato D. Lgs 81/2015.

Il Ministero ricorda che rientra nella definizione di lavoro stagionale l’attività lavorativa svolta in un determinato periodo dell'anno e priva del carattere della continuità, sussumibile nella più ampia categoria del lavoro a tempo determinato, regolato dal citato D. Lgs. 81/2015 (artt. 19-29), dal quale si distingue per alcune eccezioni, in un’ottica di riduzione delle relative rigidità organizzative e gestionali.
In merito alle tipologie di attività di lavoro stagionale, la norma in commento chiarisce che le stesse sono riconducibili:
- oltre a quelle indicate dal DPR 7/10/1963, n. 1525,
- anche a quelle previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del citato D. Lgs. 81/2015, ossia:
• dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
• i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro RSA ovvero dalla RSU.

La norma di interpretazione autentica si è resa necessaria in quanto la formulazione letterale dell’art. 21 del D. Lgs. 81/2015 non risultava sufficientemente chiara circa la possibilità o meno per i contratti collettivi di prevedere altre ipotesi di attività stagionali, oltre a quelle contenute nel D.P.R. n. 1525 del 1963 o nel decreto ministeriale che avrebbe dovuto sostituirlo.
La soluzione individuata dalla norma di interpretazione autentica risulta conforme a quanto già chiarito da ministero e dall’INL in differenti occasioni (interpello n. 15/2016, interpello n. 6/2019 e nota INL n. 413/2021).
Come norma di interpretazione autentica, inoltre, l’art. 11 della L. 203/2024 ha natura retroattiva e trova, quindi, applicazione anche per i contratti collettivi firmati prima della sua entrata in vigore, come, espressamente chiarito dallo stesso legislatore. In base alla disposizione in esame, peraltro, sono considerate stagionali non solo le tradizionali attività legate a cicli stagionali ben definiti, ma anche quelle indispensabili a far fronte ad intensificazioni produttive in determinati periodi dell’anno o a soddisfare esigenze tecnico-produttive collegate a specifici cicli dei settori produttivi o dei mercati serviti dall'impresa.
Spetterà alla contrattazione collettiva chiarire specificamente, non limitandosi ad un richiamo formale e generico della nuova disposizione, in che modo, in concreto, quelle caratteristiche si riscontrino nelle singole attività definite come stagionali, al fine di superare eventuali questioni di conformità rispetto al diritto europeo.
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3) DURATA DEL PERIODO DI PROVA

Come noto, il D. Lgs. 104/2022, ha introdotto un nuovo metodo di calcolo del periodo di prova nei contratti a tempo determinato, dando più puntuale attuazione, alla direttiva (UE) 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea, in base alla quale gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che la durata del periodo di prova nel rapporto di lavoro a tempo determinato sia proporzionata alla durata del contratto.
Le nuove disposizioni introdotte hanno stabilito che: fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è stabilita in 1 giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro.
In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a 2 giorni né superiore a 15 giorni, per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a 6 mesi, e a 30 giorni, per quelli aventi durata superiore a 6 mesi e inferiore a 12 mesi.
La norma trova applicazione per i contratti di lavoro instaurati a far data dall’entrata in vigore della legge in esame, quindi dal 12 gennaio 2025.
Il legislatore, per esigenze di certezza, ha provveduto a quantificare il periodo di prova fissandone, in linea generale, la durata in un giorno di effettiva prestazione ogni 15 di calendario a partire dal giorno di inizio del rapporto, ferma restando la possibilità per la contrattazione collettiva di introdurre disposizioni più favorevoli.
Il Ministero ha precisato che i limiti massimi non possono essere derogati neppure dalla contrattazione collettiva (art. 51 D. Lgs. 81/2015), atteso che l’autonomia contrattuale non può, per principio generale, introdurre una disciplina peggiorativa rispetto a quella legale.
Nel caso di contratti di lavoro a termine di durata superiore a 12 mesi, fatte salve le più favorevoli previsioni della contrattazione collettiva, il periodo di prova sarà calcolato moltiplicando 1 giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario, anche oltre la durata massima di 30 giorni, stabilita per contratti a termine di durata inferiore a 12 mesi.
Il legislatore, nell’ammettere eventuali previsioni più favorevoli contenute nei contratti collettivi, non individua esplicitamente il livello della contrattazione richiesto. In proposito, il Ministero ritiene che si debba aver riguardo al contratto collettivo applicato dal datore di lavoro.
Per quanto riguarda i criteri in base ai quali valutare quali disposizioni contrattuali siano più favorevoli rispetto alla previsione normativa, il ministero precisa che occorre considerare che generalmente (in applicazione del principio del favor praestatoris, per il quale in ambito lavoristico è da preferire l’interpretazione che accorda una maggiore tutela al lavoratore) viene considerata più favorevole per il lavoratore una minore estensione del periodo di prova, a causa della precarietà che lo stesso comporta per il lavoratore.

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4) TERMINE PER LE COMUNICAZIONI OBBLIGATORIE IN TERMINE DI LAVORO AGILE

La L. 203/2024 apporta modifiche alla L. 81/2017, già modificata dal DL 73/2022 fissando il termine di 5 giorni per la comunicazione dell’avvio e della cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile e delle eventuali modifiche della durata originariamente prevista, secondo le modalità individuate con DM del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Ai sensi dell’art. 19, c. 1, L 81/2017 ai fini della sua regolarità amministrativa e della prova, l’accordo per il lavoro agile deve essere stipulato per iscritto; tuttavia, il termine per la comunicazione decorre non dalla data del suddetto accordo, bensì da quello (che potrebbe essere differente) dell’effettivo inizio della prestazione di lavoro in modalità agile.
Nel caso di modifica della durata originariamente comunicata, per effetto di una proroga il datore dovrà provvedere alla comunicazione di tale modifica entro i 5 giorni successivi alla proroga stessa.
Allo stesso modo, nel caso di cessazione anticipata, la comunicazione deve essere inviata entro i 5 giorni successivi alla nuova data di conclusione.
Le modalità attraverso le quali procedere alle comunicazioni obbligatorie sono già disciplinate dal DM del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 149/2022, al quale occorre quindi continuare a far riferimento.
L’inosservanza di tali modalità di comunicazione determina la sanzione amministrativa pecuniaria da 100€ a 500€ per ogni lavoratore interessato, ai sensi dell'art. 19, c. 3, del D. Lgs. 276/2003.
Il nuovo termine di 5 giorni fissato per la comunicazione obbligatoria di lavoro agile opera, a partire dal 12 gennaio 2025, per tutti i datori di lavoro privato.

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5) NORME IN MATERIA DI RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

Il Collegato lavoro ha modificato l’art. 26 del D. Lgs. 151/2015 in materia di “Dimissioni volontarie e risoluzione consensuale”, stabilendo che:
In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a 15 giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo. Le disposizioni del secondo periodo non si applicano se il lavoratore dimostra l'impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza”.

Tale disposizione ha riconosciuto espressamente la possibilità che il rapporto di lavoro si concluda per effetto delle cosiddette dimissioni per fatti concludenti (o dimissioni implicite), consentendo al datore di lavoro di ricondurre un effetto risolutivo al comportamento del lavoratore consistente in una assenza ingiustificata, prolungata per un certo periodo di tempo.
Tale effetto risolutivo non discende automaticamente dall’assenza ingiustificata, ma si verifica solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di prenderne atto, valorizzando la presunta volontà di interrompere il rapporto da parte del lavoratore.
Per quanto concerne la durata dell’assenza che può determinare la configurazione delle dimissioni per fatti concludenti, la norma prevede che la stessa, in mancanza di specifica previsione nel CCNL applicato al rapporto di lavoro, debba essere superiore a 15 giorni.
Il Ministero ha chiarito che, i giorni di assenza, in mancanza di ulteriori specificazioni da parte della norma, possono intendersi come giorni di calendario, ove non diversamente disposto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro. Quello individuato dalla legge costituisce il termine legale minimo perché il datore, a partire, quindi, dal 16° giorno di assenza, possa darne specifica comunicazione all’ITL competente da individuare in base al luogo di svolgimento del rapporto di lavoro.
Nulla vieta, dunque, che tale comunicazione all’Ispettorato possa essere formalizzata anche in un momento successivo.
La suddetta comunicazione opera anche come riferimento per il decorso del termine di 5 giorni previsto per effettuare la relativa comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro tramite il modello UNILAV.
Nel caso in cui il CCNL applicato preveda, invece, un termine diverso da quello contemplato dalla norma in esame, lo stesso troverà senz’altro applicazione ove sia superiore a quello legale. Se, viceversa, fosse previsto un termine inferiore, dovrà farsi riferimento al termine legale.
Infine, diversi contratti collettivi riconducono ad un’assenza ingiustificata protratta nel tempo (di durata variabile, anche inferiore ai 15 giorni previsti dalla norma in esame) conseguenze di tipo disciplinare, consentendo al datore di procedere al licenziamento, per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo. In questi casi è prevista l’attivazione della procedura di garanzia prevista dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori (L. 300/1970).
Il Ministero ritiene che le previsioni contrattuali in materia debbano essere considerate un corpus unico per cui, laddove il datore intenda procedere ad una risoluzione del rapporto al verificarsi della condizione prevista dal contratto (l’assenza protratta per la durata determinata dallo stesso CCNL), dovrà seguire il percorso delineato dal CCNL, del tutto alternativo a quello previsto dalla norma in commento, e attivare dunque la procedura di cui all’art. 7 della L. 300/1970. Resta ferma la facoltà dei CCNL di disciplinare espressamente la fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti, stabilendo un termine diverso, e più favorevole, da quello fissato dalla norma per ricondurre all’assenza ingiustificata l’effetto risolutivo del rapporto.
Il Ministero precisa, inoltre, che la procedura telematica di cessazione a seguito di dimissioni per fatti concludenti, avviata dal datore di lavoro, viene resa inefficace se lo stesso riceva successivamente la notifica da parte del sistema informatico del Ministero dell’avvenuta presentazione delle dimissioni da parte del lavoratore. Pertanto, anche la presentazione di dimissioni per giusta causa tramite il sistema telematico da parte del lavoratore (ferma restando la necessità di assolvere il relativo onere probatorio secondo le modalità descritte dalla Circ. INPS 163/2003) prevale sulla procedura di cessazione per fatti concludenti avviata dal datore di lavoro.
Per permettere all’Ispettorato di effettuare le verifiche circa la veridicità della comunicazione datoriale di assenza ingiustificata, il datore dovrà indicare tutti i contatti e i recapiti forniti dal lavoratore e trasmettere la comunicazione inviata all’Ispettorato territoriale, anche al lavoratore, per consentirgli di esercitare in via effettiva il diritto di difesa previsto dall’art. 24 della Costituzione.
La cessazione del rapporto avrà effetti dalla data riportata nel modulo UNILAV, che non potrà comunque essere antecedente alla data di comunicazione dell’assenza del lavoratore all’ITL, fermo restando che il datore di lavoro non è tenuto, per il periodo di assenza ingiustificata del lavoratore, al versamento della retribuzione e dei relativi contributi.
Il Ministero ha chiarito che con riferimento alle conseguenze di tale cessazione, in base ai principi generali che regolano il rapporto di lavoro, il datore possa trattenere dalle competenze di fine rapporto da corrispondere al lavoratore l’indennità di mancato preavviso contrattualmente stabilita.
La norma prevede espressamente che l’effetto risolutivo del rapporto potrà essere evitato laddove il lavoratore dimostri l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza.
Grava, pertanto, sul lavoratore l’onere di provare l’impossibilità di comunicare i motivi dell’assenza al datore di lavoro (ad esempio, perché ricoverato in ospedale o per causa di forza maggiore) o la circostanza di aver comunque provveduto alla comunicazione.
Qualora il lavoratore dia effettivamente prova di non essere stato in grado di comunicare i motivi dell’assenza, così come nell’ipotesi in cui l’Ispettorato accerti autonomamente la non veridicità della comunicazione del datore di lavoro, non può trovare applicazione l’effetto risolutivo del rapporto di lavoro previsto citato e la comunicazione di cessazione resterà priva di effetti.

Sul punto, il Ministero segnala che il datore di lavoro, a seguito degli accertamenti ispettivi, potrebbe essere ritenuto responsabile, anche penalmente, per falsità delle comunicazioni rese all’Ispettorato territoriale.
Da ultimo, viene chiarito che, in base ad una lettura sistematica della normativa a tutela della maternità e della paternità, la disposizione in esame non è applicabile nei casi previsti dall’art. 55 del D. lgs. 151/2001, che prevede la convalida obbligatoria (con effetto sospensivo dell’efficacia) della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e delle dimissioni presentate da:
- la lavoratrice durante il periodo di gravidanza;
- la lavoratrice madre o il lavoratore padre durante i primi 3 anni di vita del bambino o nei primi 3 anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi 3 anni decorrenti dalle comunicazioni della proposta di incontro con il minore adottando ovvero della comunicazione dell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento.

Si tratta, infatti, di una normativa a carattere speciale, diretta a tutelare in modo più rigoroso le categorie di lavoratrici e lavoratori che si trovano in una situazione di maggiore vulnerabilità.

Come di consueto lo Studio è a vostra disposizione per qualsiasi approfondimento in materia.

AMARELLI & PARTNERS

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